Consumi ancora al palo: -3,7% è il risultato nei primi 3 mesi dell’anno delle imprese del commercio e -2,6% per quelle dei servizi. Molto cauti i giudizi riguardo alla ripresa: per i due terzi delle imprese del commercio e i tre quarti dei servizi sarà ‘calma piatta’ anche nel secondo trimestre. Emerge da un’indagine del Centro studi Unioncamere.
Questo dato si aggiunge a quello comunicato alcuni giorni fa della situazione del -0,5% rispetto al PIL in terreno ancora recessivo.
Sono dati che si commentano da soli e che testimoniano il perdurare di una sofferenza molto forte che per essere rimessa in un binario di nuova positività necessita di una scossa MOLTO FORTE che finora non c’è stata.
Pur con la volontà di dare un segnale di positiva inversione di tendenza, che questo governo sta mettendo in campo, tuttavia la situazione appare molto complessa e articolata e anche preoccupante.
La economia reale è in forte sofferenza, come in fortissima chiusura sono le disponibilità del sistema bancario verso la fazione di credito. Non ci sono aperture e la rigidità del sistema bancario è totale. Comprensibile, vista la fase di difficoltà, ma inaccettabile in un Paese dove le banche hanno avuto sostegni e tante agevolazioni quando è stato il momento di fargli acquistare debito pubblico con i denari erogati dalla Banca Europea.
Le manovre vanno a cercare coperture per pochi spiccioli, sempre incidendo sulla capacità contributiva dei soliti, pochi, soggetti ancora attivi, che il più delle volte pensano di migrare ad altri lidi.
La CNA di Bologna ha evidenziato una pressione fiscale pari al 75% circa, che ha dell’assurdo ad ogni tipo di ragionamento.
Quale quindi la ricetta?
Gli economisti non filosofi e legati alla concretezza del mercato vedono una sola strada praticabile che è quella del taglio della spesa pubblica, unitamente al riordino complessivo generale della legislazione pubblica e della burocrazia, oltreché alla gestione di equilibrio delle competenze e delle economie, anche relativamente alle fasce medie di gerarchia strutturale.
Inoltre una immissione importante di liquidità nel mercato unita a un nuovo piano industriale del Paese costruito su Business Units operative nei vari settori.
Per fare ripartire il motore occorrerebbero 200 miliardi per anno per 3 anni, al fine di ristrutturare il sistema Paese e renderlo vicino agli standard internazionali di competitività.
Dire di aumentare la Spesa , poco dopo avere affermato di doverla tagliare potrebbe sembrare un contro senso. Non lo è!! perché la pianificazione industriale di emergenza in una ottica di periodo e di obiettivi può avere assolutamente una vita propria.
Ma occorre capire chi sia in grado di gestire un piano industriale e investimenti così importanti.
Sicuramente NON QUESTA CLASSE POLITICA e NON COLORO CHE SPARANO NEL MUCCHIO.
Non basta essere manovratori di quartiere e avere giovane età anagrafica, occorre avere una squadra di competenze coese e avere una visione del Paese ampia e articolata.
Finchè non si muoveranno le leve vere della equità sociale non ci sarà alcuna possibilità di sviluppo.
Un Paese che tiene aperti enti inutili, che riconosce autonomie a regioni e province senza attuare un federalismo vero, un Paese che riconosce i privilegi del Lavoro Pubblico in diseguaglianza regolamentare abnorme rispetto al lavoro privato, un Paese che ha una gestione Pubblica monopolista di assistenza e previdenza disconoscendo il libero mercato e la competitività, è un Paese che deve fallire e questo è il nostro triste destino se non si interverrà in modo rilevante, rapido e deciso.